PILLOLA17 – ULTIMO RESIDUO DI ORGOGLIO
La laude XXVIII , “Assai m’esforzo a guadagnare”
Jacopone aveva ragionato bene , ma razzolava male: il suo istinto non era del tutto domato. In nessuna laude come nella XXVIII “Assai m’esforzo a guadagnare” Jacopone ci presenta questo angolo di orgoglio tenacemente attaccato al suo carattere. Questa laude offre anche un esempio efficacissimo della abilità di Jacopone di variare i ritmi della poesia per esprimere più efficacemente concetti ed emozioni. Nelle prime strofe il ritmo è monotono, borbottato quasi come una litania di meriti ovvii per un frate. Poi, quando il lettore comincia ad appisolarsi, dopo sei strofe di questa tiritera, Jacopone spara con il verso “e vil cosa me sia ditta” una strofa che ha una vitalità bruciante, come erano le sue reazioni ad un’offesa o a un’ingiustizia: la sua lingua lanciava fiamme.
Passato questo turbine di parole ed emozioni, nell’ultima strofa, il ritmo torna a placarsi, con ammiccante autoironia.
Assai m’esforzo a guadagnare, Relioso sì so stato, Stato so en lezione, Stato so en obedenza E molta fame sostenìa, Assai me levo a matutino E vil cosa me sia ditta, Or vedete el guadagnato, |
Mi sforzo assai a guadagnare meriti, Sono stato religioso Mi sono dedicato ai testi sacri, Sono stato in obbedienza, Ho patito molta fame, Mi alzo assai presto al mattino Ma se un’ingiuria mi vien detta, Vedete che bel guadagno, |
Grande psicologia, grande autocontrollo e grande poesia!