PILLOLA 18 – VERSO LA PERFETTA UMILTA’
La laude LV , “Che farai, fra Jacovone?”
La confessione che Jacopone fa con il verso della “vil cosa” della laude precedente ci fa capire bene cosa accadde negli anni maledetti 1295-97, quando con l’alternanza Celestino V – Bonifacio VIII qualcosa nella Chiesa e nel Francescanesimo dovette sembrare “vil cosa” a Jacopone: cosa indecente, ignominio per la Chiesa e per il Francescanesimo. La sua lingua si drizzò e dalla sua penna uscirono parole di fuoco. La Chiesa di Bonifacio VIII, in realtà non la Chiesa ma la Curia Romana che è un’altra cosa, lo scomunicò e lo mise in carcere. Avremo modo, se Dio vuole, di raccontare nel 2022 questa storia. Intanto andiamo a sentire cosa ci racconta, con sottile autoironia, nella laude LV, “Che farai fra Jacovone”, della sua prigione. Aveva 70 anni, era un vecchio sfinito: questo racconto, che Jacopone fa con l’intento di farci quasi sorridere delle sue disgrazie, in realtà ci riempie di tristezza al ricordo di quest’uomo, sommo nel pensiero, nella devozione e nella poesia, trattato con tanta malagrazia dalla istituzione che egli amava con fedeltà e passione.
La prescione che m’è data,
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La prigione che mi hanno assegnata
Mentre mangio a certe ore,
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Questa situazione, che avrebbe stroncato la resistenza di qualunque persona fu invece l’occasione provvidenziale per superare l’ultimo scalino che lo separava dalla perfetta umiltà francescana. Incassò questi colpi tremendi senza mettersi a piagnucolare e ne trasse spunto e forza per il definitivo incontro con la gioia e l’amore di tutta la sua vita: il Dio Crocifisso …